The Corner

Riprendo a scrivere, o almeno ci provo; e per non darmi scuse metto come titolo le prime due parole (in un linguaggio intellegibile) che mi trovo di fronte.

Riprendo a scrivere, o almeno ci provo, pur essendo tacciato di scrivere solo cose tristi ed essendo chiaramente ispirato solo nei momenti più bui.

Riprendo a scrivere, o almeno ci provo, per spiegare la paura; quella paura che mi impedisce di fare qualsivoglia cosa io pensi di voler fare.

Ma come si fa? A spiegare, dico. È come essere costantemente schiacciato a terra da enormi pesi e non riuscire ad alzarsi; ogni singola azione costa una fatica difficile da descrivere.

Come si fa a spiegare, la paura di andare a letto la sera per non voler affrontare un’altra giornata di sofferenza? Perché di nessun’altra emozione si tratta se non della paura.

Stare seduto sul divano a guardare il vuoto, pronto a scattare ad ogni minimo rumore, in una guerra tra paure che non mi permette di assaporare i pochi momenti di solitudine.

Poi andarci comunque, a letto, e trovarsi rannicchiato con la schiena appoggiata al muro in cerca di una qualsivoglia forma di supporto morale e psicologico.

Come si fa a spiegare, l’assenza di volontà, la dissoluzione dell’individualità, la perdita della consapevolezza di avere dei propri bisogni?

Come si fa a spiegare, la costante lotta, minuto dopo minuto, per trovare motivazioni e appigli per riuscire ad arrivare a sera, pur senza sapere perché?

Unbelonging

Just thought I would start publishing some stuff that remained in the drafts for too long. So long that I don’t even remember when that happened (looking at the draft date it looks like sometimes about a year and a half ago). But I guess it’s still relevant, so…


So, I had a thought this morning: what is that makes life as a migrant suck the most? The more I think about it, the more I feel it to be the lack of sense of belonging, and probably even more annoying are the acts of negating that sense of belonging.

Just a few weeks ago I got a letter from my bank that, paraphrased, sounded something like: “Since you don’t belong here we don’t trust you; so please bring us proof that someone has a good reason to have you here instead of being home and that you are indeed contributing to our wealth and to our society’s one.”

I started wondering then how come that in a modern society where most scientific research points towards migration being a strengthening factor of society, rules are still driven by feelings that can be traced back to animal instincts.

Quello che vedo

Certo, scrivere un post con questo titolo di notte, da solo ed in una stanza buia, non dà grandi speranze sul possibile contenuto. Ma forse è proprio in questi momenti che riusciamo a concentrarci meglio sui particolari.

Così mi guardo intorno e, complice la dilatazione della pupilla, inizio a vedere qualcosa.

C’è luce che entra dalla finestra, dove la tenda pesante è leggermente scostata, che illumina fiocamente le pareti della mia piccola casa-stanza e lascia intravederne le forme.

Ci sono le lucine verde e blu del condizionatore vicino al soffitto a dare una lieve mano di colore lì attorno.

C’è la luce blu soffusa del caricabatterie sul muro di fronte a colorare un angolo della libreria, di cui riesco ora a percepire il contorno.

C’è un alone di luce che filtra dal contorno della porta, prima lieve difesa verso il Mondo.

Sposto la testa e vedo l’orologio verde sul microonde; quello che va inesorabilmente avanti troppo veloce, e che più di una volta ho pensato di voler spostare forzatamente avanti di una ventina di minuti per auto-ingannarmi di essere in ritardo.

Però queste luci non sono abbastanza per vedere chiaramente. 

Così devo aspettare il giorno per avere della luce in più ed avere il controllo della situazione, senza lasciare la mente ricostruire grezzamente quello che gli occhi non vedono.

Eppure quelle luci, nella notte, mi guidano e mi tengono presente.

Tutto sta nell’affidarsi a loro, chiudere gli occhi, e ricordarsi che il giorno arriverà; e confidare di svegliarsi nella realtà in cui si vuole vivere …senza chiedersi se sia un sogno.

Stralci di conversazioni da Shanghai (1)

Da una conversazione…

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[…] quindi torneresti in Italia come meta definitva?

Mi piacerebbe riuscirci.

Più mi allontano più mi rendo conto di quanto io abbia dei legami forti con alcuni luoghi del mio passato recente (Milano) e non (le Dolomiti). Il mondo va visto, provato, assaporato, ma forse da alcune cose non si riesce veramente a staccarsi. Magari un giorno cambierò idea; magari no… in questo momento tutto è in gioco e passo molto tempo a pensare dove mi piacerebbe provare ad andare; ma alla fine se penso a dove stavo bene con me stesso i posti continuano ad essere quei due. Certo c’è quel fattore “me stesso” che è in evoluzione, che magari un giorno non sarà al singolare, ma ora mi viene veramente difficile pensare a qualsiasi cosa che non siano solo sogni o che non sia più in là di due o tre giorni da oggi.

Avere il proprio futuro in mano rimette in discussione il significato di diverse parole, ed una di queste, forse la maggiore, è ‘casa’. Inizio a chiedermi dove sia ma da lì mi rendo conto che vorrei capire cosa sia veramente ‘casa’ oltre a sapere dove sia. So che a luglio ‘casa’ era Milano; ora non lo so più.

Oltretutto vorrei avere tempo per parlare o scrivere a tutti gli amici che ho lasciato in Italia ma tra la differenza di orario e le cose da fare è veramente difficile.

Meno contatti ma più personali, più profondi, alla ricerca di un dialogo con me stesso oltre che con l’interlocutore. Perché la ricerca non finisce mai.

48 giorni ad Oriente

Shanghai Pudong

Senza neanche accorgermene ormai mi sto dirigendo verso i due mesi a Shanghai.

Ci sarebbero tante cose da raccontare, giorno dopo giorno, ma manca il tempo; dovrei mettermi quantomeno a scriverle, visto che qui è bloccata (a monte) persino la cache delle posizioni di google maps, il che mi esclude la possibilità di andare a rivedere a posteriori giorno per giorno dove mi trovassi. Devo ricostruirlo dalle foto, ma spesso non bastano neanche quelle; e sembra di stare qui già da una vita.

Lezioni, trasferimenti, meeting col nuovo team (tralasciando gli scherzi del destino 😀 ), conferenze, eventi vari, eccetera… giorno dopo giorno, tutti assieme, con le tante incredibili persone che sto conoscendo, ognuna con la propria storia da raccontare …perché sarebbe veramente strano trovarsi da stranieri a Shanghai senza almeno una storia da raccontare.

Ogni tanto sogno ancora di risvegliarmi nella mia casetta milanese, bermi la mia tazzona di latte coi biscotti e fiondarmi in ufficio sulla metro gialla. Certo, anche qui faccio un pezzo a piedi, prendo la metro n. 3 (linea gialla anche qui!), cambio prendendo la blu (8) e scendo in centro, ma non è proprio la stessa cosa…

Ora mi rifiondo a studiare il caso di regressione da 52 pagine per la lezione di Quantitative Analysis di domani prima della sessione informativa sull’HULT Prize, cena e poi a studiare di nuovo. Sembra di dare una nuova dimensione al significato di “essere impegnato”, ma in fondo da marzo a giugno non era molto diverso 🙂

Da solo nel nuovo mondo

IMG_20130902_170223Ho mosso i primi passi da solo in questo nuovo mondo; la metro, le cuffie coi Lady Antebellum, i sorrisi, le camminate, il pranzo frugale, i bar da esplorare e le persone incontrate per caso.

Inizio a prendere le misure, a cercare di sentire mia questa città enorme, multiforme e popolatissima.

Pian piano…

Voli senza vacanze

Dopo un anno tornerò su un aereo; non quello grande grande che va a est, ma intanto è pur sempre un aereo, giusto per riprendere le misure, anzi quattro, per dire la verità. Ma ho già capito che neppure questa sarà una vacanza; come ormai quasi tutti gli spostamenti di questo agosto di tribolazione e di attesa.

Vacanza… un giorno di mare poche settimane fa, un altra giornata in spiaggia a fine giugno, due giorni in Liguria a Pasqua… ormai sono questi gli unici ricordi recenti di cosa sia una (vera – seppur breve) vacanza. Trasferimenti, trasferte… anche l’estate scorsa ho preso sei aerei, tutti verso l’estero, ma senza che nessuno di quelli mi portasse in vacanza.

Vorrei solo riuscire a stare qualche giorno senza pensare a niente per poi iniziare a concentrarmi sulla partenza, quella vera. Le speranze di trovare un po’ di tranquillità in questo periodo di forzata nullafacenza prima di andarmene si affievoliscono, così come so già che non ne avrò più dal 29 agosto fino a data da destinarsi nel futuro a medio termine.

E anche questi “viaggi” non sono veramente dei Viaggi ma diventano niente più che meri spostamenti.

E fu così che la spensieratezza divenne un ricordo??

Il regalo più grande

“…chi l’avrebbe immaginato sei mesi fa?”

Capita che in una fresca serata di luglio ti ritrovi a piangere litri di lacrime di gioia, ti accorgi che i sogni e le favole moderne esistono, capisci che quello che stai vivendo non è un film ma è veramente la tua vita, ti guardi intorno e vedi i volti ed i sorrisi degli splendidi compagni di viaggio di una fantastica avventura iniziata sei mesi fa, capita che non trovi più le parole per ringraziare “perché è stato qualcosa di così grande e potente che ancora faccio fatica a capacitarmene”.

Mancano le parole ma non le lacrime, di gioia, che continuano a cadere ogni volta che ripenso a quei momenti e li rivivo con la mia mente. Per una volta i regali erano molto più spirituali che materiali: parole, note, sorrisi, sentimenti; emozioni. Tutte quelle persone, la mia nuova famiglia allargata, mi hanno fatto dono di ciò che più vale, il loro tempo ed i loro pensieri.

È forse questo il regalo più grande che mi sia stato fatto negli ultimi anni; e credo che non smetterò mai di ringraziare quanti hanno voluto così accompagnarmi in questo incredibile viaggio che mi sto accingendo a compiere. E quella maglietta firmata (perché sono quelle le firme che contano!) rimarrà ad imperitura memoria di quell’incredibile serata.

Grazie!

Le verità nascoste

Cos’è vero? Cosa non lo è? Cosa nascondiamo? Cosa nascondiamo solo perché è stato nascosto a noi nella speranza che ci venga rivelato prima che dobbiamo essere noi a rivelarlo? Faremmo bene a rivelarlo o male?

Me ne vado a letto con queste domande, iniziando a contare i giorni che mancano alla separazione da casa.

La città che vive…

Inauguro questo blog strettamente personale riportando un testo che ho scritto per contribuire al lavoro di una cara amica. 🙂

Il post assume poi un contorno leggermente amaro considerato che nel frattempo ho lasciato Milano per buttarmi verso nuove ed emozionanti avventure, anche se il cuore, per ora, è rimasto lì!

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Piazza Duomo, scatto una foto al simbolo di questa città che vive, corre, dorme e si risveglia col ritmo di chi ha sempre qualcosa da fare e forse spesso ha anche paura di restar solo. La città di chi parte, di chi va, di chi resta e di chi torna; la città dei lunghi aperitivi, di chi guarda cosa fai e non chi sei o da dove vieni; la città delle lunghe chiacchiere sotto casa e delle infinite camminate, di giorno come di notte. La città di chi ha sempre una storia ed un viaggio da raccontare.

Molti la chiamano città grigia, e forse a livello estetico, almeno cromaticamente, hanno ragione, quelli che lo fanno; ma l’hanno mai vissuta veramente, quelle stesse persone? Hanno camminato lungo via Torino di notte affacciandosi su Piazza del Duomo quel tanto che basta per vedere la facciata della cattedrale comparire quasi di sorpresa? Si sono mai fermate su una panchina di Parco Sempione a guardare l’Arco della Pace in lontananza o il Castello con una lieve brezza che passa, quelle persone?

Io preferisco viverla sempre e comunque, la mia Milano; nel caos del giorno, nei pensieri della notte; camminando da solo, scherzando con gli amici; con la musica nelle orecchie, in silenzio; lasciandomi avvolgere con calma dai raggi di sole tra le case, correndo sotto la pioggia; nelle tranquille serate d’estate, nelle imprecazioni per la neve d’inverno. Preferisco lasciarmi sorprendere dal calore di chi questa Milano l’ha saputa scoprire ed amare un po’ alla volta, come me.

Rieccomi

In fondo cerco solo un posto dove sfogare le mancanze represse senza causare scompiglio e disperazione.
…sempre con quei muri che non riesco a superare…
E mi chiedo se quel muro possa ancora essere superato, se ne avrò la possibilità, se ci vorrà una pazzia o cos’altro.

Una nuova avventura a più mani

So di non essere stato molto attivo ultimamente, ma questo è dovuto anche al fatto di aver iniziato un nuovo lavoro a più mani in questo blog:

The long long road to…

Si parla di esperienze di vita più o meno collegate a viaggi e a strade che gli autori percorrono quotidianamente o hanno percorso nelle loro vite. Per me è un esperimento, ma è sempre bene provarci! 🙂

La logica, questa sconosciuta…

Mentre cerco la consulenza di un filosofo o di un matematico sull’argomento, propongo un paio di variazioni sul tema.

Give a man a fish and he’ll eat for a day…

…teach him how to fish and he’ll ask “…and now where’s my fish?”

…give a fish a man and it’ll eat for a month.

…teach him how to fish and he won’t understand.

Waiting… again…

Aspettare, aspettare e ancora aspettare… non ne posso più! I muratori che trapanano e martellano dall’altra parte del muro da tre settimane… lavoro che c’è… forse… quando non si sa… occhiali che dovevano arrivare in una settimana e dopodomani sarà passato un mese. Dopo una vita organizzata al secondo non potermi organizzare da qui a domani mi sta portando allo stremo; non riesco, non ci sono abituato. Tutti mi chiedono di far programmi, per i weekend, per l’estate, per l’autunno, per la vita… e io posso solo rispondere “vedremo…”! Sto uscendo di testa. Non faccio niente e non posso neppure andarmene da casa per un eccesso di responsabilità autoindotta. Passo i giorni a non far niente, non facendo neppure quelle poche cose che dovrei fare, rimandandole come al solito, da stupido procrastinatore. Giorni così devono solo passare, in fretta …ma passando rubano altro tempo, sprecato, inutile. Speranza, dove sei?

Parole

Immagini, bianco, nero, colori, di una meta vicina e lontana;
speranza non più, forza poca, per combattere.
Voglia forse solo di finire? Finire cosa?
Nulla di certo, questo solo so.

Grande Nord -9

…e prima di ripartire, metto online un video risalente all’anno scorso, ma che avevo fatto vedere solo a pochi eletti direttamente dalla telecamera.
Ore 5.43 di mattina, autobus Kvikkjokk – Jokkmokk in mezzo ad una nevicata: godetevi lo spettacolo!!

[edit 2008/12/09 15.05]
A causa di un’impostazione un po’ troppo restrittiva che avevo messo il video non si vede, ma dovrebbe torare a posto a breve; il tempo che i server di google si aggiornino con la nuova impostazione. Per il momento è visibile qui!
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