Una voce fuori dal coro

…e questa volta non parlo di anticonformismo, ma di voci fuori dal coro nel senso letterale dei termini, ovvero delle mie prime esperienze da voce solista dopo anni di retrovie; era già capitato una volta di cantare una parte da solo, ma si parlava dell’introduzione ad una canzone cantata a cappella quindi non si può parlare di esperienza solistica.
Stavolta si è riaffacciata alla porta una canzone di cui già mi era stato dato da studiare il testo per i concerti di Natale, ma all’epoca non è stata portata più avanti; ora l’abbiamo ripresa con un arrangiamento molto più coinvolgente di quello precedentemente visto, ma con essa si è ripresentato l’onere della voce solista …e stavolta si parla di quel tipo di solista che ad inizio canzone esce dal coro e va a prendersi il suo microfono!
Paura? Tanta…
Emozione? Beh… non nascondo che cantare da solo di fronte a quello stesso coro che per anni mi ha visto come uno degli elementi alla base della struttura ha fatto una certa impressione.
Prerequisito importante è avere coscienza della propria voce, e grande contributo in questo campo l’hanno dato quei più o meno piccoli progetti discografici (uno è la registrazione, con Marco, Cristiana e Max, dei cori per il nuovo album di Sergio Borsato di prossima uscita) a cui ho partecipato ad inizio anno.
Anche l’esperienza gioca una parte importante nel tutto, perché quando si è sul palco e tra sè ed il pubblico si ha solo un microfono e tutto il resto è alle spalle bisogna sapersela cavare da soli.
Il risultato non è stato niente male! Dopo 2-3 settimane di prova subito il test: concerto nel santuario di Monteortone di fronte ad un pubblico esigente (cioè, insomma… erano quasi tutti tedeschi in vacanza ad Abano e mi risulta che mediamente i transalpini del nord siano un po’ restii alle forti emozioni); forse a causa della grande emozione, a parte il fatto di essermi divertito, mi ricordo gran poco di quello che è successo durante la canzone (non l’ho nominata! È una canzone abbastanza tradizionale nota come “Joshua” o “Gericho” o “The battle of Gericho”).
Tempo pochi giorni e la storia si è riproposta in chiave diversa… venerdì scorso dovevamo cantare ad un matrimonio e oltre alle solite canzoni di chiesa spuntava la richiesta di cantare La Cura di Battiato… Chi la canta?

Provi te?
Mah… io…. veramente… così… non so…

Era lunedì. Risultato: provata al momento, poi due giorni per impararla, prove mercoledì, giovedì saggio della scuola di musica (altra rata di Gericho…) e venerdì matrimonio… arrangiamento piano e voce con dei cori nei ritornelli. Stavolta però c’era una variabile diversa e per certi versi inaspettata: il testo in italiano! Morale della favola ho cantato pensando non solo al testo ed alle note ma anche al significato di ciò che stavo cantando… emozione altissima, vibrato naturale (ovvero tremavo tutto e mi tenevo all’asta del microfono per non sembrare affetto dal Parkinson) e il solito dubbio a fine canzone di aver fatto qualcosa di strano o chissà ché; il solo pensarci mi fa salire le pulsazioni. Nonostante tutto resta però quella consapevolezza di averlo fatto per il coro, per tutti… per quelle persone che hanno creduto che potessi farlo… la sensazione di aver svolto il proprio compito forse non nel migliore dei modi ma sicuramente in maniera egregia, e non è cosa di tutti i giorni, non per me! E i complimenti alla fine erano quasi superflui, forse perchè non pensavo di meritarli, perché un po’ pensavo “era uno sporco lavoro e qualcuno doveva pur farlo”.
Cosa nascerà da qui? Chi lo sa… intanto negli ultimi mesi si è creata nel coro una situazione di amicizia, unione e complicità fra tutti che mai ricordavo e sicuramente questo mi è stato molto di aiuto, tanto che difficilmente dimenticherò questi giorni.

2 pensieri su “Una voce fuori dal coro

  1. Guarda, è sempre + incredibile ed emozionante leggerti..un giorno però mi dovrai far sentire come canti, eh!? 1bacione L.

  2. Molto spesso le parole servono a nascondere qualcos’altro che non riesce a venir fuori e ribolle dentro… se ora parlo così del cantare è perché è una di quelle cose che ho scoperto “coprire” (non è di certo una medicina ma aiuta) molti problemi.

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