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Riflessioni sul silenzio

Per chi non sa apprezzare il silenzio…

L’incontro con la montagna, quando assume il valore di una esperienza autentica, capace di provocare, in chi la vive, una vera crescita interiore, non può prescindere da due condizioni gemelle:
la solitudine e il silenzio.

Solitudine e silenzio non sono corollari marginali, facoltativi, come alcuni stoltamente credono; ma rappresentano i perni indispensabili su cui si incardina qualsiasi rapporto significativo tra gli esseri umani e i grandi spazi incontaminati della natura.

Il silenzio non è l’opposto del suono, ma del rumore.

Violenta e uccide il silenzio il rumore aggressivo della musica che fuoriesce dagli altoparlanti o dagli auricolari.

Violenta e uccide il silenzio il rumore arrogante degli elicotteri e degli aerei da turismo.

Violenta e uccide il silenzio il rumore barbarico dei gatti delle nevi, dei cannoni spara-neve, delle motoslitte, dei mezzi fuoristrada a quattro o due ruote.

Violentano e uccidono il silenzio le grida e i richiami umani, quando essi non siano assolutamente necessari.

Il silenzio non è vuoto di suoni, tutt’altro. In esso vibrano e filtrano nel nostro animo le mille voci segrete della natura: la musica degli astri notturni, il sibilo del vento tra i rami o le rocce, il grido dell’aquila e del gipeto, il cinguettio dei passeri, il bramito del cervo e dello stambecco, il tuffo della rana, l’eco della valanga lontana, lo scricchiolio del seracco; ma anche il battito accelerato del nostro cuore e il ritmo del nostro respiro.

Gli esseri umani troppo spesso attraversano gli spazi naturali avvolti in una nube di rumore: scafandro sonoro che li rende irrimediabilmente avulsi da quanto li circonda; rozzi astronauti, capitati per caso su un pianeta estraneo e incomprensibile, incapaci di decodificare il messaggio della natura.

Quel messaggio eterno che vive e parla attraverso la voce del silenzio.

Se i rumori si aprono la strada violentemente, anche contro la nostra volontà, attraverso l’organo dell’udito, i suoni della natura entrano in noi – e si depositano gentilmente in noi – attraverso tutti i sensi.

Impariamo ad ascoltare il silenzio. E ad amarlo, come si ama un insostituibile tesoro.

Carlo Alberto Pinelli

Da MountainWilderness

Video dal Grande Nord

Il video risale ad un paio di giorni prima di Natale dell’anno scorso, ma ho avuto l’ok per pubblicarlo solo pochi giorni fa, quindi eccolo!

Trattasi dell’incontro avvenuto con Ario presso Tyin. Difficile raccontare a parole quello che è stato quel momento… quel posto…

Il profumo di larice…

….sul maglione, salutare la terra da solo su un altopiano con il vento del nord che soffia, stare fermo a braccia spalancate nella prima nevicata di fine estate con il fuoco che scoppietta vicino, essere assaliti da due lupacchiotti dispettosi, venire sommersi da quattordici rumorose e simpatiche piccole pesti, vedere l’alba sulle montagne svegliandosi in un teepee… Quante cose possono accadere in tre giorni? Cosa resta di tutto ciò oltre a tanti ricordi? Qualche centinaio di foto (ma ci sono cose che non si possono fotografare, come i cristalli di neve sollevati dal vento), un paio di scarponi sporchi (ma è veramente sporco o è solo un po’ di natura che mi sono portato a casa?) ed un maglione impregnato del dolce profumo di larice che emanava il fuocherello del campo.

Divano, dolce divano

Vinigo -> Rifugio Antelao -> Vinigo!! Mai avevo fatto la traversata completa (andata e ritorno) nello stesso giorno! 8 ore (di più, includendo la sosta al rifugio) a camminare… e fortuna che doveva essere ancora una giornata di allenamento… Però la veloce ascesa (alle 9.50 ero ai 2100m di forcella Cadin) e le mitiche torte del rifugio mi hanno convinto a continuare; ahi ahi… gambe e piedi reclamano un giorno di riposo. Poche stelle alpine rispetto ad altre volte (quando non erano rare esclamazioni del tipo “Guarda quante margherite! Margherite??? Ah no, sono stelle alpine!”) sopra Forcella Cadin e poca gente come al solito: a parte un capriolo e qualche mucca, non ho trovato nessuno fino a 15 minuti dal rifugio; rifugio dove sono stato accolto con la solita gentilezza e la solita gigantesca fetta di torta (stavolta una fantastica torta di mele). Il ritorno è stato più drammatico con il tratto Rifugio Antelao – Forcella Cadin che in salita e con le gambe che iniziavano a dare segni di cedimento ha richiesto il doppio di tempo rispetto all’andata (dove però, devo dirlo, attirato dalle torte del rifugio ho corso non poco) e poi la lunga discesa verso Vinigo massacrante come sempre: 1100m di discesa di cui i primi 600 fino a Cresta Duogo su sentiero da tenere sempre con un po’ di attenzione per non arrivare a Venas per direttissima…
Ora in vista ci sono solo un aperitivo da Fiori ed una cenetta alla Locanda a fianco …sperando di riuscire a rimanere sveglio!