È sempre difficile iniziare.
Sempre più.
È difficile iniziare senza una fine in vista.
Allora riduci le cose da iniziare.
Meno contatti, meno oggetti, meno scelte, meno obiettivi; meno motivi.
Meno me.
È sempre difficile iniziare.
Sempre più.
È difficile iniziare senza una fine in vista.
Allora riduci le cose da iniziare.
Meno contatti, meno oggetti, meno scelte, meno obiettivi; meno motivi.
Meno me.
Riprendo a scrivere, o almeno ci provo; e per non darmi scuse metto come titolo le prime due parole (in un linguaggio intellegibile) che mi trovo di fronte.
Riprendo a scrivere, o almeno ci provo, pur essendo tacciato di scrivere solo cose tristi ed essendo chiaramente ispirato solo nei momenti più bui.
Riprendo a scrivere, o almeno ci provo, per spiegare la paura; quella paura che mi impedisce di fare qualsivoglia cosa io pensi di voler fare.
Ma come si fa? A spiegare, dico. È come essere costantemente schiacciato a terra da enormi pesi e non riuscire ad alzarsi; ogni singola azione costa una fatica difficile da descrivere.
Come si fa a spiegare, la paura di andare a letto la sera per non voler affrontare un’altra giornata di sofferenza? Perché di nessun’altra emozione si tratta se non della paura.
Stare seduto sul divano a guardare il vuoto, pronto a scattare ad ogni minimo rumore, in una guerra tra paure che non mi permette di assaporare i pochi momenti di solitudine.
Poi andarci comunque, a letto, e trovarsi rannicchiato con la schiena appoggiata al muro in cerca di una qualsivoglia forma di supporto morale e psicologico.
Come si fa a spiegare, l’assenza di volontà, la dissoluzione dell’individualità, la perdita della consapevolezza di avere dei propri bisogni?
Come si fa a spiegare, la costante lotta, minuto dopo minuto, per trovare motivazioni e appigli per riuscire ad arrivare a sera, pur senza sapere perché?